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Come una Mistress educa il suo doggy. Tutorials per donne esigenti pt. 2


di Mistressedoggy
27.12.2018    |    6.534    |    33 9.9
"Ancora una volta si burlava di me..."
Da quella prima volta, che vi ho raccontato, non successe più che la mia referente mi chiedesse di rimanere più del dovuto in ufficio. Rispetto a prima, non mi guardava diversamente dal solito e il suo atteggiamento sul lavoro era sempre molto formale. Non trovavo alcuna breccia nelle sue difese, era come un castello di granito inaccessibile, nelle cui viscere si celavano magnifici tesori e segreti immaginabili. E io come Enrico IV vagando, attendevo giorni e notti che, quella Matilde di Canossa in tailleur, si ricordasse di me.
Finalmente una mattina le mie orecchie udirono quelle parole che aspettavano da ormai troppo tempo: 'Rimanere oltre l'orario'. Lo disse senza nemmeno guardarmi, mantenendo quella distanza che tanto eccitava le mie fantasie.
Verso le 19, la vidi uscire dal suo ufficio e disse che mi sarei dovuto trattenere da solo in studio. Mi chiese anche, di farmi dare la pratica del dott. Nieddu, appena l'ufficio affianco l'avesse terminata, di inserire i dati nel computer e poi portarla su nell'appartamento, che usavamo come cimitero per tutte quelle vecchie scartoffie.
Mi prese come una sensazione di sconforto, avevo aspettato tutto il giorno, cercando di nascondere ai colleghi le mie continue erezioni, e Lei mi lasciava così?
Ero più che deluso, mi sentivo davvero preso per il sedere. Ed effettivamente così era stato quella prima volta con Lei. E se posso dirla tutta, non era stato nemmeno così male. Ma per settimane ero rimasto eccitato, all'idea che, il giorno dopo, avrei concluso qualcosa con Lei. E questo giorno dopo non arrivava mai.

Verso le 20 l'ufficio cominciò a svuotarsi e mi portarono la pratica che stavo aspettando. Nel mentre che digitavo i dati necessari al programma, rimasi solo nell'appartamento. Poco dopo, feci un rapido giro di ricognizione in tutte le stanze, per verificare che non ci fosse più nessuno nei vari uffici. Verificato ciò, chiusi la porta del mio studio alle spalle, ed entrai nel suo. Mi guardai attorno cercando di ricordare quella notte. Mi inginocchiai e mi infilai di nuovo sotto quella scrivania, guardando ogni dettaglio che, la volta precedente, non avevo potuto osservare, dato che ero bendato. La immaginai lì sulla sua poltrona, io che le leccavo i piedi e la sua figa senza slip, dato che me li aveva infilati in bocca, che si bagnava sempre più, finendo per inumidire il vestito e bagnare anche la poltrona. Così mi avvicinai alla poltrona, immaginando dove lei poggiasse la sua vagina, ma non colsi nulla con la vista, così avvicinai il naso e subito dopo la lingua, cercando una briciola del suo sapore. Ma nulla era rimasto, a parte la mia eccitazione e le palle gonfie.
Ripresi lucidità e mi vergognai di essere lì sotto la scrivania a leccare una poltrona. Avevo chiuso la porta ma ero pur sempre in uno spazio di lavoro.
Così rassegnato, presi la pratica dal mio ufficio e le chiavi, attaccate affianco alla porta d'ingresso, e andai nell'appartamento di sopra. Qui chiusi la porta cigolante dietro di me e percorsi il corridoio buio, verso la stanza dell'archivio.

Stavo rimettendo il faldone al suo esatto posto, dopo aver inserito i nuovi documenti, quando un sibilo mi fece rizzare i peli sulla schiena. Immobile cercai di ascoltare attentamente per capirne l'origine. Ma nulla. Avanzai in direzione del corridoio e in fondo a questo, da una porta mezzo chiusa, fluiva un filo di luce artificiale. Di nuovo quel suono, un 'psssss' prolungato e caldo, seguito da qualcos'altro, e poi di nuovo lo stesso suono e la parola 'doggy', ripetuta, come a volermi captare in quella stanza. Quasi dubitai dei miei sensi, tanto era insperato quel suono, di consonanti e vocali messe insieme a formare il mio epiteto 'doggy.
Avanzai e varcai la porta, era la stanza da letto che, di tanto in tanto, usavano i colleghi, delle altre filiali, che venivano qui in città per un motivo o per un altro.
La stanza era quasi completamente occupata da un letto enorme, con lo schienale a muro fatto di cuscini allungati e grigi. Restava uno stretto passaggio di un metro, lasciato dal frigo e il tavolo a muro, che portava sino alla porta del bagno (in fondo a destra) che, come entrai, si chiuse, facendomi trovare l'elegante stanza vuota.
Se voleva farmi impazzire era sicuramente sulla giusta strada. 'E' permesso?' chiesi, non sicuro di cosa si dovesse dire in una situazione così. Dal bagno finalmente la sua voce mi invitò a entrare e prepararmi. Prepararmi a cosa e sopratutto come? Forse avrebbe gradito trovarmi nudo o quasi, così mi preparai. Avrei dovuto aspettarla sul letto o avrebbe preferito uscire dal bagno e trovarmi a quattro zampe? Cominciavo a ragionare in sua funzione. Assecondai i miei ormoni e aspettai a quattro zampe, davanti alla porta del bagno, con gli slip, ma il culetto di fuori, così come mi aveva preparato Lei la volta precedente. Nel mentre potevo sentire scrosciare dentro al water il flusso dorato che sgorgava armonico dalla sua (immaginavo) splendida fighetta. L'immagine mentale mi fece avere subito una forte erezione, tanta era la mia brama.
La porta venne aperta e lei sui suoi tacchi, altissima in confronto a me laggiù in basso, che nemmeno osavo guardarla negli occhi, pensando di poterla più compiacere.
Avvicinò un piede alla mia bocca e io cercai di baciarle la scarpa, come avevo imparato. Ma lei lo tirò indietro. Si sedette sul letto e poggiò i suoi piedi sulla mia schiena, come se fossi un tavolino basso pensato per tale funzione. Io sbirciai verso di lei, stava guardando il suo cellulare. 'Come mai sei qui?' chiese come se nulla fosse, rendendo quella situazione ancora più paradossale. Io mi feci coraggio e le dissi 'vorrei fare l'amore con te'. Ci fu un lungo silenzio, dopo tale frase. 'Vorrei che tu rimanga formale e continui a darmi del Lei, non vorrei che poi in ufficio ti scappasse di darmi del tu, perché ciò mi metterebbe disagio'. Mio malgrado, cercai di essere il più possibile accondiscendente, non volevo certo metterla a disagio, e dunque risposi 'certo Signora'. 'Oltretutto per fare l'amore con una persona, bisogna avere una certa intimità. Cosa che non mi pare ci sia tra noi, per ora', quelle parole rendevano il peso, dei suoi piedi sulla mia schiena, ancora più frustrante. Ancora una volta si burlava di me. 'Potrei fartela leccare, ma non pensando a ciò, ho trascurato di lavarla prima di uscire dal bagno' disse lei e io, fissando le mattonelle a trenta centimetri dalla mia faccia, in un Lascia O Raddoppia al ribasso, sussurrai 'non c'è problema'. 'Non c'è problema a cosa?' insistette lei. Tutti quei giorni passati a desiderare di stare con lei, mi fecero sfuggire di bocca un 'io posso leccare'. Silenzio. Forse si era offesa per un'affermazione simile? Ero stato squallido. 'Mi scusi' replicai, vergognandomi come un ladro. 'Non devi scusarti. Dopotutto è proprio la risposta che mi sarei aspettata da un porco come te. Sai, è facile inquadrare le persone. Se io fossi uscita dal bagno e ti avessi trovato sul letto nudo, col cazzo duro, avrei capito che volevi scoparmi. Ma questo è ciò che avrebbe fatto il 90% dei maschi e sarebbe stato scontato e un po' patetico'. Io ascoltavo per cercare di cogliere l'essenza delle sue parole e per ora sembrava essere positiva, trascurando alcuni dettagli che non mi facevano molto onore. 'Probabilmente avrei preso la mia borsetta, il giubbotto e ti avrei salutato, per andarmene via. Invece, quando sono uscita dal bagno, ho constatato che sei stato attento alla mia prima lezione e ti sei fatto trovare come ti avevo lasciato l'ultima volta. Questa è una cosa che mi fa molto felice'.
La sua felicità, era la mia felicità. Più essa fosse stata felice, più sarebbe stato probabile che i nostri corpi si attraessero come due calamite in un amplesso, o così almeno teorizzavo. Non dissi nulla per non rovinare la sua felicità, con una donna così è semplice dire una parola di troppo e scontentarla. Mi passò un laccio di pelle attorno al collo e lo strinse, per poi bloccarlo. Io la lasciai fare, per non rovinare quel momento. Con un 'click' lo allacciò a qualcosa di freddo, che si poggiò per un istante sulla mia schiena. 'Bravo, molto bravo. Non credi che, prima di affermare con sicurezza che vuoi leccarmela, dovresti fare un assaggino?' e detto ciò si sporse dal letto e mi offrì la punta del suo dito medio che, sebbene la luce soffusa della stanza, sembrava velato di uno strato bagnato. Immaginai quel dito sprofondare, un attimo prima, nella sua figa e ora era lì davanti a me. Era come stare in un sogno dove, per sbloccare le situazioni, hai solo una scelta, quella di andare avanti, costi quel che costi. Dopotutto la mia dignità l'avevo già lasciata sotto la sua scrivania la prima volta che avevamo giocato insieme e, una ventina di minuti prima, l'avevo di nuovo rinnegata quando avevo leccato la sua poltrona, in cerca di quel sapore, che ora lei mi offriva sul quel dito appena sfornato dalla sua vagina. Non sarebbe stata la prima volta che, leccando una donna, avvertissi quel retrogusto salato che a volte rimane, anche dopo averla lavata. Avvolsi la punta di quell'estremità con le labbra e cercai di risalire succhiando. Ma lei mi tolse il dito dalla bocca, tirando contemporaneamente con l'altra mano, quel 'qualcosa' di ferro che stava attaccato al mio collare, non lo vedevo, ma intuivo fosse questa la natura di quel laccio di pelle attorno al mio collo. Assecondai il suo tirare e mi misi in ginocchio, vedendo finalmente il suo viso, molto compiaciuto. 'Vieni doggy' mi tirò, per la catena, sopra il letto e fino alla sua bocca che si avvolse alla mia. Mi accarezzò dolcemente il corpo e anch'io, con le dita, cercai un contatto col suo, timidamente, sfiorandola come se fosse una bolla di sapone, attento a non romperla, pur cercando incautamente di toccarla. Vedendo che, ciò che sfioravo, ossia il suo fianco, non scompariva in mille goccioline, accentuai di poco la mia pressione e osai toccarla anche col palmo della mano. I nostri corpi erano uno di fianco all'altro, pertanto cercai di strisciare lentamente verso di lei, cercando di colmare la distanza che ci separava, millimetro dopo millimetro. Non avevo fretta, sentivo i secoli passare, l'umanità pian piano scomparire, lasciando intorno a noi solo rovine. E là dove era stata umanità e le sue leggi, ritornava il verde delle foglie e i colori variegati dei fiori, tanto il suono delle chiome scosse dal vento indisturbato. Più nessuno poteva disturbare la nostra unione, come Zeus e la sua amante protetti da una nuvola dorata di purezza primordiale.
Dopo un'intera Era, passata baciandola e accarezzandola dolcemente con gli occhi chiusi, giunsi quasi a congiungere il mio bacino al suo. E il mio cazzo duro spingendosi avanti, si strusciò su un cuscino che lei, in uno di quei millenni passati ad avanzare, aveva posto tra noi. La mia Signora, ancora in tailleur, passò una gamba sopra e, spingendo la mia spalla con il suo corpo, si sedette sopra di me, facendomi distendere la schiena sul materasso. Dietro le mie palpebre trovai lei, a cavalcioni sul mio bacino, non so se potesse sentire la mia erezione da sotto il cuscino. Sospirai di desiderio, ammirando il suo sorriso sornione.
Si morse le labbra, come a trattenersi dal mangiarmi, aveva lo stesso sguardo di fuoco che probabilmente le prede ritrovavano sul volto delle Baccanti. In mano teneva ancora il guinzaglio, attaccato al mio collo. Era visibilmente eccitata, cercava di contenere il suo respiro e talmente mi guardava fisso che consumava la mia pelle. Ciò mi mandava ancora più in visibilio e la osservavo trasognato.
'Sei dolce e porco allo stesso tempo. Lo sai che mi hai fatto eccitare con quella lingua e quella bocca? Avrei voluta morsicartela' stringeva gli occhi e continuava a mordere il labbro inferiore, io le dissi 'scusa' ma sorridendo lieto. Con gli occhi scintillanti di desiderio, corse a gattoni, sopra il mio corpo, per sedersi sopra la mia bocca, tirandosi su la gonna. Scoprì in un istante che non indossava mutandine e che quel retrogusto salato era ormai annacquato dai suoi umori, accumulati in quella pozza rosa da cui potevo quasi bere.
Ma più che dover leccare, mi ritrovai a farmi scopare la bocca dalla sua figa depilata che, come una dolce lumaca mi lasciava un alone di bagnato su tutto il viso. 'Devo sfogarmi non ce la faccio più' e dicendo ciò si perse nei suoi lamenti di godimento, permettendomi di leccarle anche il buco del culo. 'Come sei bravo. Sei proprio una soddisfazione per me. Sei proprio un bravo doggy'. Io non potei rispondere 'grazie Padrona' perchè avevo la bocca impegnata, e così rimase per un tempo infinito.
Infine lei crollò sul materasso, contorcendosi ancora in preda agli orgasmi, invocando ogni divinità esistente. Così ebbi il tempo per riposare la mia lingua, che cominciava a farmi male. 'Tu mi fai impazzire' mi disse, ma io ero ugualmente pazzo. 'Sei sicuro di volere fare questo gioco?' mi chiese. Ma oramai il gioco succedeva che noi lo volessimo o no. Nessuno dei due si sarebbe più tirato indietro.
Ero riuscito ad avere più di ciò che mi sarei aspettato. C'eravamo baciati come due amanti e poi mi ero abbeverato direttamente alla sua fonte.
Prese i miei slip e li sfilò dalle mie gambe, per poi prendere in mano le mie palle e osservarle. Così come altre parti coperte dalle mutande, come a esempio l'asta che stava in completa erezione, le avevo depilate per apparire meglio ed essere più funzionali al suo piacere. 'Adesso ragiono meglio, mi sono tolta quelle due o tre voglie che avevo accumulato, osservandoti in questi giorni'. 'Mi guardava?' chiesi io innocentemente e stupito. 'Ti ho mangiato con gli occhi e oggi ti ho concesso di sfiziarmi', detto questo mi leccò le palle e aveva ogni diritto per poterlo fare, senza che io potessi pensare male di lei, visto ciò che avevo fatto sino ad ora. Le succhiò un poco e continuo a esplorarle con la lingua, poi scese lungo il perineo, al ché mi spinse da dietro le cosce per portare verso su il mio buchino e mi ricompensò, del servizio che avevo svolto sin'ora, succhiando e giocando con la sua lingua fuori e dentro di me.
Io potevo solo abbandonarmi, lì sdraiato, e godere di tale privilegio che, sono certo, a nessun altro in ufficio era stato concesso. Mi fece capire di girarmi e mettere su il mio sedere. E così continuò a stuzzicarlo, con la lingua, la bocca e le dita e oli, sinché non lo sentì pulsare di voglia. Avevo oramai più che intuito che aveva un particolare interesse per quella zona, così tabù per molti maschi. Ma noi eravamo andati oltre la vergogna, così mi pareva, per ricercare il piacere. E per quanto il suo piacere fosse più importante del mio, di riflesso anch'io riuscivo a godere delle briciole del suo, e quelle briciole erano più di quel che mi sarei aspettato.
Mi diede due pacche sul culetto e mi disse 'Aspetta'. Io le dissi timidamente 'la prego non mi lasci come la scorsa volta'. Lei rise, 'non ti preoccupare, non ho alcuna intenzione di lasciarti. Sei mio.' Andò in bagno e ritornò poco dopo. Io aspettai paziente con gli occhi chiusi, cercando di immaginare cosa le passasse per la testa, quali erano le voglie di quell'elegante e seria Signora.
Lo capì, quando mi poggiò sul buchetto qualcosa che, prendendomi per i fianchi, cominciò a premere contro e penetrarlo. Era il buchetto che prendeva il fallo e non viceversa. Era stata davvero brava a dilatarlo. Muoveva lentamente il suo arnese dentro, roteando il suo bacino, a cui sembrava agganciato e poi spingeva un poco più dentro, ma non più del dovuto.
Il mio respiro si fece più pesante e a ogni affondo mi scappava una vocale.
'Si chiama strap-on, permette d'invertire totalmente i ruoli. E mi consente di prenderti e farti davvero mio'. 'Sono tuo' le confermai, affondando la faccia nel materasso per soffocare i miei gemiti.
'Sei molto stretto. Ho dovuto lavorartelo un po' prima che si aprisse per bene'. 'Non mi capita tutti i giorni, Signora, di essere...' cercai di rispondere, ma non finì la frase.
Ero entrato in quella stanza convinto di scopare ed ero stato scopato, dalla bocca al culetto, come mai mi era accaduto. Sembrava tutto perfettamente naturale, visto che a lavoro ero più giovane e suo subalterno, così anche nel sesso era adeguato che lo restassi. Certo non facevo queste grandi riflessioni in quel momento, ero più attento a ciò che accadeva dietro e dentro di me. Le sue mani che mi serravano saldamente i fianchi e io che, pian piano, cercavo di seguire il suo ritmo in senso inverso, così da sentirla spingersi sino in fondo. Seppure fosse un fallo artificiale, lei sembrava godere ugualmente nell'incularmi. Anch'io effettivamente godevo su due livelli, uno mentale e uno fisico, seppure il secondo fosse a volte funestato dalla mia scarsa abitudine nel farmi inculare. Quindi più volte il fallo uscì fuori dal mio buco, facendomi dolere di dolore e per la sua assenza ingiustificata.
'Ancora?' chiedeva lei fortemente accaldata, 'ancora' sospiravo io tenendo i glutei aperti con le mani per farle spazio.
'Sei mio' insisteva, inculandomi come se fosse un uomo prossimo all'eiaculazione. 'Sono tuo, Padrona. Inculami ti prego'. Ed effettivamente, a queste parole, ebbe un orgasmo che evidenziò spingendo a fondo e a scatti, seguendo il suo piacere che era anche il mio.
Mi massaggiò le palle, nel mentre che levava lentamente il suo strap-on dal mio buco, che rimase aperto speranzoso di essere ancora riempito da lei. 'Te lo sei meritato tutto, questo collarino'. Io ero molto orgoglioso di tale elogio, non era mai capitato che a lavoro mi elogiasse. Dal culetto mi colavano i lubrificanti che aveva messo con generosità, facendomi pensare che mi fosse venuta davvero dentro.
'L'ultima volta ti ho lasciato 5 euro, secondo te, cosa ti meriti oggi?', 'non voglio nulla' obiettai. 'Va bene, non ti darò nulla' disse continuando a massaggiare le mie palle da dietro, sicuramente osservando quel buchetto dilatato che si parava davanti ai suoi occhi. 'Eppure sei stato molto bravo, e qualcosa vorrei dartelo. A esempio, ciò che mi hai chiesto all'inizio. Vorresti ancora fare l'amore con me?'. 'Signora sono rimasto eccitato per settimane, aspettando di potere fare l'amore con Lei. Non ho mai sfogato la mia eccitazione, così da essere più disinibito e sfiziarla, senza pensare troppo. In questo momento la mia eccitazione è tale, che non so quanto riuscirei a trattenerla dentro di me, se entrassi dentro di Lei. Sono puro istinto, vorrei solo venirle dentro. Sento il mio culetto pulsare e ciò mi fa perdere ancora più la testa', ammisi con onestà, 'non nego che la cosa mi piacerebbe molto, ma non so se potrei essere in grado di darle il piacere che Lei merita'.
'Capisco, come ben sai io sono molto esigente. Non nego di avere perso il numero di orgasmi che mi hai regalato da quando abbiamo iniziato il gioco, dunque potrei anche chiudere un occhio', ci pensò un attimo, 'se io non fossi così egoista. Io preferirei che tu facessi l'amore con me, senza dover pensare al fatto del venire, ma badando più a rispettare e imparare il ritmo che io pretendo dai miei amanti'. Detto ciò mi prese l'asta e come se fosse una leva, la portò verso se, al di fuori delle mie cosce, dato che ero ancora a quattro zampe. Leccò la cappella e continuò salendo lungo l'asta, poi le palle e infine il buchetto. Poi si levo il dildo che stava attaccato alla sua cintura e ne attaccò uno, così grosso e lungo che tremai al pensiero che volesse spingere dentro di me, un cazzo più grosso di quello di Rocco Siffredi. Lei rise vedendo il mio viso sgomento 'non è destinato al tuo buchetto' disse slacciandosi lo strap-on e passandomelo sotto le gambe, per poi allacciarlo.
Lei si sdraio a gambe aperte e mi tirò per il guinzaglio su di lei. Io infilai piano il mio enorme prolungamento, grosso quanto un mio polso, dentro di lei, la sua figa senza alcun attrito si aprì e lo accolse, e Lei con dei gridolini entusiasti, mise le sue mani sul mio culetto e mi disse 'veloce, forte e profondo. Ora sei il mio doggy da monta in calore, fammi godere' e, tenendomi forte, cominciò a muovermi a suo piacere. Nessun uomo avrebbe potuto mantenere un tale ritmo per più di tre minuti senza venire, anch'io che sentivo solo le sollecitazioni dello strap-on che avevo legato ai fianchi, dovevo respirare intensamente per non cedere all'idea di venire, sopratutto quando lei cominciò a esternare, con le sue grida, un orgasmo dopo l'altro. Il mio corpo era ben allenato e fu una fortuna, perché volle essere scopata per più ore, permettendomi anche di scegliere, di volta il volta, il buco da prendere. I nostri corpi madidi di sudore, le lenzuola bagnate dagli orgasmi di lei, tutti i muscoli del corpo indolenziti per lo sforzo prolungato.
All'ennesimo orgasmo lei si tolse da dentro il fallo e mi disse 'levalo e poi bevimi'. Io lo tolsì e le succhiai la fighetta riempiendomi la bocca del suo sapore, nel mentre mi tolse il collare e mi tirò per farmi coricarmi su di lei. La punta del mio cazzo duro si poggiò sulla sua fighetta bagnata e lei, vedendo la mia esitazione, mi tirò ulteriormente per portarmi dentro se. 'Non venire, stai fermo e ascolta'. Rimasi fermò dentro di lei, godendo del mio premio inatteso, mentre mi accarezzava con dolcezza i capelli, il collo e la schiena. Stremati, ci addormentammo così su quel letto, come due amanti, fusi in un'unica creatura.
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